mercoledì 29 febbraio 2012

Nella Borsa di una Donna.





C’è qualcosa di inquietante.
Nella borsa di una donna.
Almeno  per me.
Che non sono e non sono mai stato un gigolò.
C’è un mondo.
Una vita.
Un big-bang.
Una apocalisse biblica.
Uno tsunami imprevedibile.
Anche se ha una sua logica, un sistema di riferimento complesso ma logico.
A 12 assi minimo.
Forse più che Cartesiani , curvi secondo la deformata spazio-temporale.
Una vita con un suo proprio DNA.
Un metabolismo bio-illogico ma con una sua logica.
Nel confronto con un semplice portamonete di un uomo, mi venga concesso il perdono, solo bio-illogico.

Nella borsa di una donna  c’è una sorta di caos primordiale.
Anche se con un suo ordine ben preciso.
Secondo le leggi matematiche del caos.
Funzioni complesse, a variabili quasi infinite.
Da un telefono  dato per “perso” anche se sta suonando.
Drammaticamente introvabile. (e che, nell’ossessivo e compulsivo frugare, lo diventa sempre di più)
A  un astuccio di fard datato e secco.
Dall’ultima tinta di rossetto.
Mai usato.
Ad un anello di fidanzamento di dieci anni prima.
Piccole forbici.
Sistemi a spruzzo antiscippo scaduti.
Limetta per le unghie.
Ago e filo a volte.(!?)

Piccoli specchi.
Rotti a volte.
Ricordi dell’infanzia, ricordi del giorno prima.
Confezioni di tampax (questo lo capiamo anche noi uomini ….)
Piccoli flaconi di amuchina.
Acetone.
Smalto per unghie.
Antiemicranici.
Antidepressivi.
Antidolorifici.
Deodoranti.
La pillola del giorno dopo.
Caramelle dietetiche.
Dolcificanti senza zucchero.
Da maschio non gigolò e anti maschilista mi sia concesso.
Se mai un idraulico riuscisse ad infilare tutti gli attrezzi nella sua cassetta dei “ferri” secondo quella strana legge della borsa di una donna ……
Non farebbe, al minimo, pagare la chiamata.
E il contenuto non è nulla.
Rispetto alla “bambagia” nel quale è avvolto.
Almeno 8 pacchetti nuovi di fazzolettini di carta.
E almeno il contenuto di 23 usati per modo dire e teneramente accartocciati e infilati dentro.
Spille.
Forcine.
Collane di ricambio.
E poi il peggio.
Gli scontrini fiscali.
Gli scontrini fiscali di almeno un lustro precedente fino all’ultimo.
Quello relativo all’ultimo acquisto.
Di scarpe ovviamente.

Questo il “brodo” sospensivo.
Del tutto.
Al minimo.
Tranne quando, tacchi a spillo e tubino ……
Si impone ……. la “sola” pochette.
Un dramma.
Ecco perché.
Quando le invitiamo ad una cena romantica.
Sono irrequiete.
Si sentono deprivate del loro mondo.
Che non potrà mai infilarsi tutto in quella piccola, miserabile pochette.
Paghiamo noi, lo sanno.(almeno quelli della mia “epoca”).
Evitando di infilarci, in quella minuscola pochette il loro portamonete.
Che merita una dedica a parte, un’altra volta.
E voi, noi uomini, crediamo che il solito ritardo, la lunga consueta attesa, sia per il trucco.
Macchè!
È solo dovuto per scegliere quel “minimo” per la pochette.
Impieghiamo di più noi a prepararci!
Temiamo di più noi maschi i cattivi odori, le pelurie in eccesso, il giusto colore della camicia.
Loro hanno solo quell’unico problema.
Cosa ci starà, di quel rassicurante mondo della capiente borsa quotidiana, nella minuscola pochette?

È necessario comprendere e pazientare.
Nella borsa di una donna c’è tutta una vita, una sicurezza .
Sua.
Mai provato a chiederle di metterci le mani?
Di dare anche solo una semplice sbirciatina?
Finisci minimo come Muzio Scevola  al quadrato.
È il loro mondo.
Il loro modo.
Dentro in quella borsa c’è parte o molto della loro intimità.
Si comprende anche perché regalare una borsa ad una donna non differisce quasi, in investimento, a regalarle il “per sempre” di un diamante …….
I costruttori di borse lo sanno.
E non è speculazione la loro.
Ma accurata progettazione e scelta di materiali.
I carichi di progetto e le modalità d’uso lo impongono.
Costano care perché sono piccoli capolavori di ingegneria.(secondo me il design in questo caso è solo una scusa).
Devono contenere una vita complessa e abbondante.
Almeno per noi.
A noi basta il metacrilato di una carta di credito.(carica ….)
La patente.
La carta d’identità.
E la foto ricordo della mamma.
Poco altro.
Un portamonete da uomo è un prodotto da “cinesi”.
Come lo è la nostra (non posso dissociarmi, non sarei credibile qui) eccessiva  “semplicità” di intenti (!).

E, ad una donna, molte volte, di te, basta il rigido del metacrilato della carta di credito.
(è venuta per sbaglio, lo giuro ….)
Mentre se mai ti innamorassi davvero di lei.
Tu, da maschio innamorato.
Vorresti tuffarti nella sua borsa.
Diventarne non solo parte , ma principale contenuto.
Senza mai capire che non è possibile.
Divenirne il principale contenuto.
Ma, al meglio, parte del resto, del brodo primordiale avvolto nell’elegante e morbido contenitore.
Solo una piccola parte.
Accontentandoti, una tantum, con un sontuoso invito a cena, di contemplarla.
Finalmente.
Nello “smarrimento” e nella “nudità”.

Del suo stupendo semplice.
Di una piccola pochette.


FranzK.

p.s.
ovviamente non per tutte, tranne lo stupendo semplice.

Un Sorriso per Te.





Stasera al ritorno a casa ho trovato una cosa semplice.
Quanto bella.
Come lo sono quelle semplici.
Senza trucco e trucchi.
Una lettera.
Breve.
Ma davvero bella.

Mi ha insegnato una cosa.
Bella.
E semplice.
Tanto da non essere banale.
Ma solo bella.
Come si conviene per le cose semplici.
E il bello vuole il bello.

Non so se sono all’altezza.
Ma ci provo.
Per onore di una semplice cosa.
Tanto bella quanto efficace.
Tanto semplice da non poter essere ignorata.
Nel tempo della rabbia, e della tristezza.
Un sorriso.

Finiva così quella lettera.
Senza troppi fronzoli.
Ma affatto scarna.
Direi il contrario.
Densa di ossigeno.
E di trasparenza.
Mi ha insegnato un saluto nuovo.

Che dovremmo forse imparare tutti un po' di più.
Molto di più di “un abbraccio”.
Di uno scontato, inflazionato e insignificante “Tvb”.
Di un “bacio, a presto”.
Di un “buona giornata”.
Di un qualsiasi augurio di chiusura.
Che abbia mai imparato fino qui.

Finiva così:

“Un sorriso per te”.
L’ho fatta mia, sentita dentro.
E non credo sarà solo per me.
Il bello del semplice di quel saluto.
Che è per tutti, che sento per tutti.
Da imparare per tutti.
Fresco, semplice, pulito e bello:

“Un sorriso per te”.

FranzK.

domenica 26 febbraio 2012

Gli Uomini Cuccioli.






Avevamo scalato la montagna.
Con tanto sudore e fatica.
Costeggiato quel bellissimo lago.
In alto, a strapiombo sulle sue acque immacolate.
Fino in fondo.
Dove il sentiero scendeva fino alla sua superficie immobile, fredda, calma.
Diradandosi in una piana incantata, attraversata dal piccolo rivo che lo alimentava scendendo dal ghiacciaio.
In mezzo ai larici, al profumo della loro lacca.
Tra le tane di marmotte fischianti e piccoli giardini di fiori speciali.
Lontano da tutto, da tutti.
Scegliendo accuratamente il luogo dove proteggerci, riposare nelle notti che avremmo trascorso in quel luogo.
Il mondo avrebbe rimandato i suoi ricordi solo attraverso le luci della diga.
Appena il sole sarebbe balzato al di là della vetta più alta.
Luci che non avremmo potuto mai raggiungere senza la luce, solo luci di ricordi.
Di un mondo lontano, ormai irraggiungibile, quasi dimenticato.
Gli uomini cuccioli erano contenti e un po' intimoriti.
Felici del paradiso raggiunto, inquieti per aver abbandonato tutte le certezze, le comodità, le sicurezze del mondo delle luci elettriche, ormai irraggiungibili, lontane, sulle alte torri della diga, come totem a ricordo di arcane divinità.
Non avremmo potuto tornare indietro, non più.
Dovevamo accontentarci del paradiso.
Almeno per qualche giorno.
Obbligati ad affrontarlo, a comprenderlo, a viverlo.
Il paradiso della bellezza e dell’incertezza, delle albe rassicuranti, dei tramonti senza luce, pieni solo del silenzio del buio e delle inquietanti voci degli animali del bosco.
Ero il loro Peter Pan.
La loro guida, per quei cinque uomini cuccioli.
E non potevo far trapelare loro le mie uguali gioie, le uguali preoccupazioni.
Solo pensieri felici, per poter volare.
Abbiamo costruito insieme la tavola rotonda, per i cavalieri della notte..
Fatta di rocce antiche, ma salde, una tavola con al centro un braciere per scaldarci, e sedie intorno.
Di rocce antiche e salde.
Erano felici e laboriosi gli uomini cuccioli, nel cercare, nello scoprire il “pezzo” giusto per la tavola rotonda.
Per la notte che sarebbe arrivata, per il suo buio, per le sue paure, il suo freddo, i suoi silenzi e rumori.
La notte del paradiso, che quando scende il sole sembra divenire inferno.
Abbiamo raccolto legna secca, tutta quella che abbiamo trovato.
Per esorcizzare l’inferno e il suo freddo.
Non sono mai stato il loro comandante, solo il loro Peter Pan.

Raccolti intorno al fuoco, nella notte fonda, ho raccontato loro storie e inventato filastrocche.
Di paura anche, per non averne, perché è fatta di nulla la paura, anche nel freddo buio della notte del paradiso.
Adesso sono uomini.
Non più cuccioli, sono cresciuti.
Con dentro quel ricordo perenne, dopo essere tornati dai totem elettrici.
Io?
Non sono cresciuto, non posso farlo.
Peter non può crescere, può solo cercare di avere pensieri felici per poter volare, e far volare.
Uomini cuccioli o uomini cresciuti.
Sono rimasto Peter Pan.
Nella mia piccola isola di inferno e paradiso.
Senza più alcuna necessità di totem elettrici, neppure all'orizzonte.


FranzK.


sabato 25 febbraio 2012

Perche no?





Perché  no?
Cosa cambia.
Cosa può cambiare.
Scrivere, scriversi.
Liberarsi dalle proprie emozioni.
Inventarne.
Pensare a un volto.
Di donna mai incontrata.
E scriverle una poesia.
Ricordare un ricordo.
Mai avuto.
E aver voglia di raccontarlo.

Lasciare correre le dita.
La mente.
Le emozioni.
Senza preoccupazioni.
Di forma.
Perché io non sono uno scrittore.
E non voglio diventarlo.
Perché non sognare il nostro sogno?
Al posto che subire quello altrui.
Non mi rileggo.
Che importanza può avere?
Non voglio piacere, ma vivere un momento di piacere.

Non mi correggo.
Non mi tradisco.
Nel vero che narro.
O nel solo sognato che invento.
Ma mai nel subito per me, mai falso.
Mai nell’imposto a nessuno.
Mezz’ora di sogni.
Con le pupille collegate.
Non con la tv accesa, al più della buona musica in sottofondo.
Discernere?
Capire?
Cosa?

Quel che è vero e quel che è solo sognato?
Ma è poi necessario?
Il vero lo vivo o mi illudo, come tutti, di poterlo fare.
Qui posso sognare, senza nessuna illusione o illusionismo.
Senza contraffazioni.
Poi quale vero?
Quale falso?
Ne esiste uno, veramente vero o falso?
Dove?
In quale vero?
Qui c'è solo un sogno, che non è un gioco.
Dedicato, nel mai falso.

A chi?
Se, a volte, c’è un chi, vero, lo sa.
Ma non da qui.
Qui ci sono solo io.
Nel piacere di leggermi.
O di evitarmi.
Io e basta.
Io e i miei sogni.
Le mie emozioni.
La mia pessima forma grammaticale..
Il mio scarno vocabolario.
Di non-scrittore.

Solo io.
Libero.
Nei miei sogni e nei miei pensieri.
Nel mio vissuto o solo sognato.
Preferisco qui.
Che la tv.
O la disco-dance.
Preferisco scrivere male.
Che leggere bene.
Mi tiene sveglio scrivere dei miei sogni, dei miei pensieri o del mio vissuto.
Mi impedisce di sopirmi.
Nei sogni, pensieri, vissuti, che vorrebbero imporci, a me, a tutti.


E allora.
Perché no?
La Libertà?
Del tuo respiro.


FranzK.

venerdì 24 febbraio 2012

Sex-Hacker.






Mi sto capottando.
Come un bassotto che cerca coccole.
Mi sto davvero capottando.
Dalle fragorose risate.
Di più di quando ho sentito del tunnel della Gelmini.(ex ministro dell’istruzione …… del’istruzione dico!!!!!!!)
Il tunnel tra il Cern di Ginevra e il CNR del Gran sasso.
Poveri neutrini.
Lenti anche loro.
Povera Gelmini.
Troppo veloce per sfortuna degli studenti.
Gli fosse mai entrato un Hacker a lei credo sarebbe fuggito.
Codici indecifrabili.
Ministeriali.
Neanche in Assembler sarebbe riuscita a decifrarla!

Si è accontentato di Youporn, l’Hacker dico.
Dove almeno credo e spero ci siano persone normali.
Sole magari.
Per un solo orgasmo dalla massima durata di otto minuti.( ma perché non fanno filmati porno da sei allora????).
Come il titolo di un libro di una ex prostituta.
Già un buon tempo.
Anche se comprensivo di preliminari e preparazioni ……
Smascherando poveri soli alla disperata ricerca di un “ahhhhhhh…..”
Ma perché non è entrato nella Gelmini?
Piuttosto che nei sistemi di rilievo della velocità del Gran Sasso?
Troppo difficile eh?
Anche per un hacker.
Per un Assembler o un C++.

Perché non ha provato a superare i firewall dell’ignoranza?
E non quelli della “disperazione”?
Accontentandosi di un Youporn ……
Un Hacker di seconda mano.
Non di terza generazione.
Poveri noi.
Non ci resta che ridere.
Piangere lasciamolo per le cose di altro livello.
Di alto livello soprattutto.
Ma ridiamo , dai.
Tra un po' ci forniranno di un pulsante per la privacy.
Mi sto rotolando sul pavimento.
Quasi in preda ad un orgasmo anch’io ……

Senza Youporn.
Con la Gelmini e i neutrini nel cuore …… ahhhhhhhhh……..

Solo in questo caso, almeno per me .
Molto meno di otto minuti J.
"Quasi" trecentomila chilometri al secondo!


FranzK.

Noi, Soli.





Noi, soli.

Che abbiamo smesso di temere la solitudine.
Che abbiamo imparato a star bene con il peggio.
Con noi.
Che abbiamo avuto il coraggio o la follia di affrontarlo.
Noi, liberi.
Soli e liberi.
Avvolti in una musica.
O in uno scritto.
In un pensiero.
In una semplice speranza.
Ma mai più in una illusione.
In un nido sicuro.
Anche se falso.
Noi.
Soli.
Che abbiamo sfidato la morte.
Che abbiamo portato un coltello nel letto.
Accarezzandone la lama.
Perché era troppo forte il dolore.
Insopportabile.
E poi lo abbiamo riposto nella dispensa.
Per sempre.
E sentiamo musica.
E sentiamo emozioni.
Ci sentiamo.
E non abbiamo più paura.
Di noi.

Noi, soli.

Senza mai più sentirsi soli.
Abbandonati.
Cantiamo la nostra musica.
E sentiamo dentro tutto.
Perché non ne abbiamo più timore.
Dei draghi.
Del loro fuoco.
Perché non li abbiamo sconfitti.
Ma compresi.
Non addomesticati.
Non vinti.
Ma solo capiti.
E accarezzati.
Senza potessero mai più ferirci.
Bruciarci.
Noi.
Soli.
Adesso siamo pronti.
Per il noi.
Anche insieme.
Solo adesso.
Che abbiamo imparato.
Il noi.
Il solo.
Siamo pronti per l’insieme.
Di tutto.
O di nulla.
Ma siamo nella vita.
Non più fuori.
Non più estranei ad essa.
Siamo insieme.
A tutti.
Anche nell’essere soli.
Pronti per la vita.
Per il suo insieme.
Per le sue pulsazioni.
Per i suoi sguardi.
Per ascoltare.
Ed essere ascoltati.

Accolti.
Accoglienti.
Noi, soli.
Con solo un sorriso.
O un grande Sole.
Pronto a illuminare.
O a rifrangere.
Finalmente accolti.
Finalmente accoglienti.

Soli.
Vivi.
Pronti.
Finalmente.
Anche al meglio.
Della vita.


FranzK.

mercoledì 22 febbraio 2012

Capelli di Grano.





Dentro un pixel.
Ho incontrato un sorriso.
Io che non guardo pixel.
Sincero.
Avvolto nelle spighe del grano maturo.
Incorniciato.
Tutto arruffato.
Ma sincero.
Arruffato come un pulcino.
Appena dischiuso il suo guscio.
Grano maturo.
Scuro.
Scuro ma sincero.
Un pixel fatto a cuore.
Generoso.
Buono.
Pupille fresche.
Mature e fresche come il grano appena colto.
Sono tornato bimbo.
Ho percepito profumi.
Della trebbia.
Tutti i profumi della mia infanzia.
Trebbiati scuri.
Come fosse il colore dell’oro.
Del grano.
Appena colto.
In un pixel.
In una vita.
O solo in una stagione.
Di tempo buono
Oro scuro.
Non nero.
Splendente.
Non buio.
In un solo pixel.
Può passare un’emozione.
Vera.
Basta aver occhi puliti.
Per vedere il colore del buono.
È difficile avere occhi.
Puliti ancora di più.
Più difficile.
Ma dentro un semplice pixel.
Tutto arruffato in un covone di grano.
Scuro.
E splendente come oro.
Ho scoperto un sorriso.
Vero.
Avvolto con tenerezza.
Dentro l’arruffato.
Ma sincero.
Di semplici capelli di grano.

Franzk.

martedì 14 febbraio 2012

Trilogia della follia - La Gioia.







L’importante.

È avere provato.

Almeno una volta.

Una sola volta almeno.


La Gioia.


Quella che.

Almeno una volta.

Una sola volta almeno.

Ti dimentica il respiro.


Il blues.
Laggiù.
Nel vecchio old west.
Si è spento ormai.
Il fumo nel saloon.
Ha perso il profumo.
Del tobaccos.


L’importante.

È aver provato.

Almeno una volta.

Una sola volta almeno.


La Gioia.


Quella che ti dimentica il respiro.


FranzK.


P.S.
La mia speranza per tutti.

Trilogia della follia -Cinquant'anni.





Ma guarda.
Le note scorrono.
Scorrono le vite.
E io ti scrivo.

Ti scrivo qualcosa di strano.

Sai cosa ho fatto oggi?
Dopo tanto.
Tanti, tanti anni.
A cinquant’anni?

Ho provato a fare il portiere.

A lasciarmi volare.
Incontro a una palla.
Non sentire più peso.
Gravità.

A cinquant’anni.

Come è andata?
Un emozione.
Riuscire a volare ancora.
A cinquant’anni.

Forse non è il tempo.

Non è il tempo di morire.
Ma di provare ancora a vivere.
Di non temere.
Di volare ancora.

O almeno di rialzarsi.


FranzK.

Trilogia della follia - Un Mondo a Parte.



N.B. per leggere questo post si consiglia di aprire in un altra scheda il link riportato qui sotto e tenerne la musica di sottofondo:



Big bang

Bang

Bang
Bang

Bang

Bang

Bang

Big bang

L’inzio.

Bang

Bang

Così, dopo, è comparso l’homo sapienssss 

Perché non sono sicuro del cibo che ho ingoiato questa sera?

Sboooomm
Boom
Boom

Atomic boms?

Duleng
Leng
Leng
Eng

Bang

Big bang
Big
Big
Big

Grandeeeee

Homo sapiensssssss

Ticchetta la pioggia, ruggisce la giungla,dispera l’ignoranza

Homo sapienssssss

L’evoluzione darwiniana.

Homo sapienssssss

Sbooooom
Bang
Bang

Sapienssssss

Sbooooooooooommmmmmmmm

L’impatto.

Di un mondo.

A parte.



FranzK

lunedì 13 febbraio 2012

Le Gambe delle Bugie.





Dicono siano corte.
Il detto dice così.
Io non ci credo.
Ho incontrato solo bugie con gambe lunghissime.
Oltre il disumano a volte.
Esseri piccoli e rotondi con lunghissimi arti in superlega Maraging.
Perché  il difetto della menzogna, non sta nei suoi arti ma nella forma della sua testa.
Che si presenta tonda.
Perfetta come una sfera.
Da cuscinetto di precisione.
Ancora prima della lunghezza e consistenza dei suoi arti.
È la perfezione euleriana della sua testa che va presa in considerazione.
È quella che la rende così simile alla verità.
Da considerarla vera.
E non solo una bugia, una menzogna.
Insomma non è la sua durata che preoccupa.
Che ci rende del male.
Ma la sua troppa somiglianza con la verità.
È la forma della sua testa e non la lunghezza delle sue gambe.
Troppo ben confezionata.
Così ben contraffatta da sembrare al suo contrario.
Credo sia il packaging che ci ferisce quando ne subiamo una.
O quando a nostra volta ne produciamo.
Sentendoci tanto stupidi nel subirla quanto furbi nel produrla.

E quante nature ha?
Troppe.
A volte è progettata, a volte no.
A volte chi la produce la scambia onestamente con la verità.
Altre volte è solo un vero inganno .
Si producono per difesa.
Ma anche per attacco.
Temo non ne sia esente nessuno.
Nel produrle e nel subirle.
Capita di produrne anche a “fin di bene”.
Meglio una menzogna che la verità.
Così come capita di non sapere la verità.
E finire solo per produrre bugie.
Una di essa, a volte, è una mezza verità.
O un semplice non conoscerne una.
Così non sempre sono contraffazione premeditata.
Neppure contraccezione del vero.
Ma a volte, forse troppe volte, una semplice quanto inquietante spontanea naturalezza.
Tanto che la scoperta della “non verità” è più destrutturante per chi la produce.
Piuttosto che per chi la subisce.
E di cui ne rimane ferito.
Altro che lunghezza degli arti.
Temo sia un semplice problema di testa.
Solo e solamente di testa.



FranzK. 

sabato 11 febbraio 2012

Dialoghi.





Allora cosa ne dici?
Insomma ……
Sto cercando di capirci qualcosa.
Ma cosa vuoi capire?
Non so, non so bene ancora.
Beh, guarda, non siamo molto diversi.
Tu dici?
Non sono proprio sicuro, ma sto cercando di capirci qualcosa anch’io.
Ma di cosa?
Del traffico dai.
Niente di più.
Chissà cosa penseranno di noi.
Ti interessa?
No.
Pensiamo al traffico.
Forse non c’è molto altro da capire.


FranzK.

venerdì 10 febbraio 2012

Questa notte.





È una treccia di vento.
Un semplice sorriso.
Stanco.
Felice.
Confuso.
Che attraversa il freddo.
È un sospiro di speranza.
Che brucia sotto l’asfalto.
Il ghiaccio secco.
Che prova a riposare.
Che prova a credere.
In un semplice polpastrello teso nel buio.
L’ignoto è sempre più vicino.
Nel tuo tormentato sonno.
Ogni istante, uno in meno.
Cos’è?
Forza.
Tanta.
Dentro.
Pulita come la neve che ci separa.
Candida uguale.

Questa notte.

Brilla un bagliore.
Struggente come un notturno di Chopin.
Deciso e forte come un imperatore.
Un cuore.
Pieno di cuore.
Morde la strada.
Nera.
Cupa.
Bianca.
Di neve gelida.
Calda.
Di sensazioni sicure.
Mentre si allontana la tua terra.
Strappa radici.
Profonde.
Strugge nel sonno.
Il sogno.
Il tuo.
Il mio.


Domani sembra lontano.
Ma scava solchi.
Dentro.
Nel tempo.
Nel  tempo divorato istante per istante.
Dai cavalli rossi di fuoco.
Inarrestabili.
Così infuocati.
Da sciogliere ogni freddo.
Ogni dubbio.
Oltre il buio illuminato dalla neve.
È già qui domani.
A chiederne un altro.
In una terra diversa.
Altre radici.
Altri germogli.
Nuovi, differenti.
Innesti evoluti.
Di tutta quella diversità.

Questa notte.

Ha un sole dentro.
Che sappiamo solo noi.
Balenerà il tempo in un infinitesimo.
E sarà giorno.
Domani.
Per sciogliere o legare.
Per poco o per sempre.
Per intrecciare nuove radici.
O scioglierne i legami.
Per nuovi succosi frutti.
O semplici arbusti di ricordi.
Lo sappiamo solo noi.
Lo sapremo tra un piccolo infinito istante.
Lungo tutto una notte.
Prima che il sole.
Di domani.
Decida il bagliore delle nostre pupille.
In stupore.
O ammirazione.

Questa notte.

Prima del sole di domani.
Ha il sole della vita.
Che sappiamo solo noi, solo tu.

FranzK.

giovedì 9 febbraio 2012

Perchè non si può?






Perché non si può cambiare?
Perché nessuno o proprio pochi hanno il coraggio di dire che è il modello che non funziona più?
Il modello basato sul sempre di più, sul Pil.
Con radici in una finanza selvaggia e priva di scrupoli, che sta finendo per non riuscire più a produrre nulla di buono.
Basta scherzare su questi argomenti, quello che stiamo vivendo è tutt’altro che uno scherzo, una passeggera “crisi”.
Con radici in una finanza serva dei poteri delle risorse, quanto padrona di qualsiasi politica.
Non è uno scherzo stampare soldi che non hanno controvalore reale, non può essere un gioco.
Ci sono intere generazioni che stanno morendo di speranze in qualcosa che non ci sarà mai più.
Quando?
Temo per semplice e razionale visione della realtà, troppo presto.
Ma è la verità il terrorismo o lo è la menzogna?
Una verità che deve credere profondamente nella speranza ma non può annegarsi nel veleno dell’incapacità totale di cambiare davvero.
Questa è follia, perpetrata tutti i giorni senza nessuna capacità di arrestarla, senza alcuna vera coscienza di automatismi che sono divenuti perversi oltre che pervertiti.
Il colore è grigio scuro tendente al nero, si parla di rigore, lo si impone basta che non cambi nulla.
Secondo il mio umile parere questa è morte allo stato puro, perché non è il rigore l’equità o chissà quale altra “cattolica” buona intenzione che può allontanare il baratro.
Smettiamola di scherzare, e proviamo a cambiare davvero.
Perché, mi chiedo, nessuno ma proprio nessuno vuole mettere in discussione il sistema redistributivo basato sul “lavoro”?
Quando siamo divenuti talmente bravi che abbiamo capacità produttive che superano senza limiti quelle che poi abbiamo da consumatori?
Perché nessuno si pone un problema vero e serio che, a questi ritmi, ci porti dritti a una Rapa Nui, non desertificata, ma colma di immondizia?
Desertificata nelle risorse energetiche primarie trasformate in inutile e, senza energia, senzaa alcuna possibilità che resti tale.
Mi chiedo ancora perché un modello non può essere fondato sulla vita e sull’intelligenza, non può rallentare, non riesce a fermarsi un momento a ragionarci sopra con un minimo di serietà.
L’unica energia di cui abbiamo immensa necessità, in questo momento è quella del pensiero.
Libero.
E cambiare si può, basta che lo si voglia davvero.
Basta la sufficienza di smettere di essere zombie o burattini travestiti da intellettualoidi plurilaureati, quanto legati a tripla catena con chi di scrupoli non se ne fa nemmeno uno.
È la vita che dobbiamo promuovere, non i posti di lavoro.
Il pensiero non la crescita dell’immondizia da Pil.
Anche quella da bolle finanziarie che sono in grado di quotare in una borsa solo speculativa e dissennata un Facebook cento miliardi di dollari mentre Benetton se ne scappa da quel luogo tranquillo e sereno.
E smettiamola di scherzare su questi argomenti, smettiamo di disonorare la nostra natura piena di virtù.
C’è solo una cosa che deve “riprendersi” per evitare riprese catastrofiche.

Il pensiero.

Libero.

FranzK.

Una Goccia di Rugiada.





Ti ho sentita dentro.
Come una goccia di rugiada.
Fresca, profumata del profumo del fiore che ti ha accolta.
Sentita nel sentirti.
Senza veli.
Scoperta.
Indifesa.
Mentre la tensione superficiale ti teneva raccolta, tonda, nel petalo vellutato.
E il sole del tramonto cercava di evaporarti.
Ti ho sentita.
Ti sento.
Come una stilla di frementi passioni.
Cangianti nel colore.
Della differente luce.
Del rotolare della terra intorno al sole.
Delle sue frequenze che cambiavano.
Rifrangendoti colori caleidoscopici.
Senza mai che perdessi quel profumo.
Quel velluto di accoglienza.
Quel morbido giaciglio.
Nelle parole .
Nel silenzio.
Ti ho sentita.
Senza interruzione, senza fatica.
Così come sono dentro.
Senza dover essere differente.
Contraffatto.
Ho contemplato le tue rifrazioni.
Diffrazioni.
Interferenze.
Senza mai perderti.
Senza mai doverti cercare.
Ti ho solo sentita.
Dentro.
Senza mai accoglierti solo come una semplice goccia di rugiada.
Evaporata nel tenue bagliore dei raggi lunari.
Di questa notte.
Di luna piena.
Limpida.
Come il cristallino della tua trasparenza.
Del desiderio di restare liquida.
Senza perderti , sublimata, per le strade eteree della troposfera.
Pioverai un giorno, e tornerò a sentirti.
Come non fosse mai passato un battito del cuore del tempo.

FranzK

Dedicato a una persona davvero speciale: mia figlia

mercoledì 8 febbraio 2012

Il mio Castello.





Eravamo partiti.
Il giorno dell’Epifania.
Per quel lungo viaggio.
Oltreconfine.
Io dovevo solo farvi da Virgilio.
Niente di più.
Voi dovevate fare.
Tanto e in poco tempo.
Sudore e fatica.
Io no.
Al massimo assistervi.
Consigliarvi.
Così ho deciso di portare con me quel libro.
Di quel Franz vero.
Di quel castello irraggiungibile.
E poi si dice del raziocinio.
Ho aperto le tende della mia stanza.
E nella notte c’era un castello.
Proprio davanti a me.
Mentre leggevo Il Castello del grande Franz.
Un caso?
Probabilmente sì.
O forse no.
Chissà.
Ho finito il libro prima del vostro duro lavoro.
Mentre contemplavo quel castello.
Ogni notte.
Tanto da confonderlo.
Da sentirlo vero.
Come quello irraggiungibile.
Del libro.
Che strana la vita .
A volte.
Metafisica davvero.
Per ci crede almeno.
Un segno o casualità?
Un segno per me che ci credo.
Passavo le notti.
A leggere quel libro.
Con le tende aperte.
Su quel castello vero.
O solo immaginario.
Quello irraggiungibile del libro.
Quello dove volevo portarvi l’ultima sera.
Che sembrava vero.
Raggiungibile.
E comprendo la vostra incomprensione.
Alla fine del vostro sudore.
Fatica.
Del mio volere.
Alla fine del mio leggere.
Leggero.
Incantato.
L’avevo compresa.
La mia folle iniziativa.
Per voi.
Di portarvi a cena .
Al castello raggiungibile.
E non in una disco-dance.
Dovevo sfatare l’irraggiungibile.
Come avreste potuto comprendermi?
Ma mi avete seguito.
Annoiati.
Come l’ultimo vostro dovere.
L’ultimo sudore.

Le indicazioni erano chiare.
Avreste cambiato idea.
Alla sontuosa cena.
Che avremmo fatto.
Lassù.
Al castello possibile.
Ero sicuro.
E le indicazioni erano chiare.
Saremmo arrivati in pochi minuti.
Era sicuro.
Poi la disco dance.
Ma dopo.

Guidavo io.
Nessun problema.
Nessuna paura.
Io non avevo sudato.
Stavo bene.
Ero pronto per raggiungerlo.
Il castello possibile.
Ne avevo necessità.
Desiderio.
La notte era chiara.
E le sue luci luminose.
Le indicazioni chiare.
Solo pochi minuti.
Pochi istanti.
E saresti stati contenti anche voi.
Solo pochi istanti.

Ma perché?
Perché non ci sono riuscito?
Le indicazioni erano chiare.
La strada unica.
A raggiungerlo?
Proprio come nel libro.
Perche?
Era lì.
Luminoso.
Sopra quella montagna.
Con un'unica via.
Semplice.
Ben indicata.
Mi chiedo perché.
Non ci sono riuscito.
Anche io.
A raggiungere il mio sogno.
Il mio Castello.
Finendo nella disco dance.
Anche io.
Perché?
Dimmelo tu Franz perché.
Anche il mio castello.
È uguale al tuo.
Irraggiungibile.


FranzK.


P.S.
Una storia vera.

martedì 7 febbraio 2012

Nel Post-Vergogna.






Temo sia vero.
Il nostro tempo.
I nostri modelli.
Tutto sembra stia morendo.
Quale epoca è la nostra?
Post-industriale?
Post-finanziaria?
Post-comunista ?
Post-capitalista?
Post-intellettuale?
Post-digitale?

Tutti i giorni uno scandalo.
Non so più cosa significa.
La parola.
Scandalo.
Tutti i giorni una violenza.
Un abuso.
Non so più il significato.
Della parola violenza.
Abuso.
Contraffazione.
Inganno.

Che sia il tempo della post-fiducia?
Si stuprano donne.
Si evadono tasse.
Si sprecano risorse.
Si uccidono speranze e persone.
Si annienta il pensiero.
Si gioca in borsa.
Si gioca a calcio.
Si gioca al lotto.
Si gioca e basta.
Con le nostre vite, con la vita.

Che sia il tempo della post-onestà?
Politiche corrotte.
Persone corrotte.
Economie falsificate.
Poveri sempre più poveri.
Persone senza scrupoli.
Lobbie.
Logge
Congregazioni.
Club.
Interessi solo personali.

Nessuna azione.
Nessuna reazione.
Qualche indignazione.
Passeggera.
Sopportabile.
Sopportata.
Finchè si mangia.
Fino a che ti prestano soldi.
Ti prestano debiti.
Senza futuro.
Senza speranza.

Temo sia solo il tempo della post-vergogna.
Non più una per la quale provare a cambiare.
Non più una per la quale vergognarsi davvero.

Il tempo triste, immobile e impotente della post-vergogna.

FranzK.


lunedì 6 febbraio 2012

Tastiere intelligenti.





Ogni tanto succede.
Di credere ancora che il web sia una speranza.
Di incontrare Persone.
Non pubblicità.
Non business.
Non “amicizie” mai conosciute.
Non solitudini da riempire.
Non mancanza di autostima da compensare.
Non dipendenze tossiche.
Ma l’opposto.

Stima e intelligenza.

In fondo sul web trovi le persone che trovi anche per strada.
Con la differenza che la strada del web è larga come il mondo.(censure in atto a parte …..)
Non quella larga quattro metri del tuo paesello.
Così ieri ho fatto un incontro.
Ho incontrato una Persona.
Vera.
Non sono servite molte parole per intenderci.
E parlando di parole mi ha stimolato su una questione.
Interessante quanto vera.
Sapendomi  “inventore” mi ha chiesto una cosa.

Di inventare una tastiera.
Intelligente.

Che possa evitare le "baruffe chiozzotte" dei commentatori e dei moderatori.
Di ogni sito, dai social ai forum, dai blog alle semplici e-mail.
E anche aumentare la qualità dei contenuti di chi scrive ovviamente.
La dovrei usare io per primo, lo so.
Ma non per ultimo.
Mi ha fornito anche chiare indicazioni.
Fondamentali per un progettista.
Ecco le specifiche per i filtri di una tastiera intelligente:

Filtro saggezza.

Filtro colpi di sonno.

Filtro conoscenza.

Filtro reazioni violente e inconsulte.

Filtro netiquette.

Filtro esibizionismo.

Filtro insulti anche attraverso emoticon.

Filtro potere per moderatore.

Filtro nickname (ma non siamo persone?)

Una tastiera che ti renda la possibilità solo di essere intelligente.
Mi ha affidati un bel compito no?
Cosa ne dite vado in Cina direttamente o passo prima dalla Silicon Valley?
Da Mark Zuckerberg  o sulla tomba di Steve Jobs?
Oppure …….. fatto una passeggiata insieme a Diogene di notte………..

“Una notte Diogene si aggirava con la sua lanterna per una strada malfamata in cerca di qualche meretrice economica. Quì incontrò uno strano androgino, un certo Luxuria, che passeggiava con la sua borsetta e che lo invitò col solito: "Bello, andiamo?". Visto di cosa si trattava, Diogene, inorridito, non trovò altro modo di difendersi che fingersi anche lui gay.
Diogene :  Io cerco l'uomo! 
Luxuria :  Anch'io... 

E si separarono, guardandosi in cagnesco.



La costruisco da solo, ok.


FranzK.




Lentamente muore – falsamente attribuita a Pablo Neruda (Martha Medeiros)

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi e’ infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza
per l’incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente
chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o
della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicita’.