mercoledì 31 marzo 2010

Case di fieno.




 [http://www.youtube.com/watch?v=jbdPUiih020]


Era quasi venuto il giorno della partenza.
Un novembre dai colori tristi.
Grigi e freddi.
Tanto come il suo cuore.
La città lo aspettava.
Con il cemento della famosa canzone.
Con l’abbandono dell’erba smeraldo della famosa canzone.
Era quasi ora di partire.
Il giorno dopo o poco dopo ancora.

Che tristezza.
A quella giovane età poi era ancora più forte.
A tinte più forti.
I suoi sette anni dipingevano con i colori di  Vermeer.
Tutte quelle struggenti emozioni.
Tutto quello che non avrebbe mai più potuto vivere.
I profumi.
Gli amici.
La libertà più di ogni altra cosa.

Saltò via sul ferro arrugginito della sua piccola bicicletta.
In cerca d’aria.
In cerca di ricordi a cui aggrapparsi.
Di acqua ristoratrice da portarsi nelle borracce della nostalgia.
Saltò e scappò via verso le strade di terra battuta.
Verso gli alberi che le cingevano.
Come in un abbraccio.
E le lacrime del rivo a lato.
Dentro cui depositare le sue.

Sfinito, tornò verso l’antico borgo.
Rallentando quasi per fissare ancora meglio i ricordi.
Prima di affrontare le prime abitazioni e la coscienza ancora più viva del distacco.
Lei sbucò fuori quasi all’improvviso.
Su una bici arrugginita anche lei.
Dal portone della sua casa.
Era la più bella coetanea del paese.
Con i colori di pel di carota.
E una certa timidezza nei suoi confronti.

Incrociando i loro ferri vecchi si fermarono a parlare.
Strano.
Non era mai accaduto, appunto perché c’era qualcosa di magico e preoccupante da sempre tra loro.
Ma era lei che aveva vinto la reticenza, fatto ancora più incredibile.
Forse aveva saputo della sua partenza.
E non poteva lasciarlo andare via così.
Senza dimostrargli almeno una buona intenzione.
Una palese dimostrazione di quei suoi giovani innocenti sentimenti.
A lato della scena , nei campi, una casupola di fieno, tipico ricovero di attrezzi contadini.

Lei la guardò girando un poco lo sguardo.
E propose di andare là dentro insieme.
A fare il gioco delle coccole e delle carezze.
Sulla pelle.
Nuda.
Lui le sorrise e annuì.
Corsero tenendosi per mano verso il fieno fumante di quella costruzione.
Si guardarono bene intorno per assicurarsi di non essere visti.
Nascosero i rottami delle bici e si infilarono dentro al tepore di quell’alcova.

I vestiti si sfilarono via veloci.
Tuffando i loro corpi nel caldo umido delle busche di paglia.
Nel loro intenso profumo.
E caldo abbraccio.
La pelle di lei era candida e morbida come la panna del latte.
Al passaggio delicato e armonico dei suoi polpastrelli.
Dalle spalle .... giù per i polsi ....... fino al ventre  ……
Mentre i respiri diventavano profondi.
E i battiti del cuore forti.

Le scostò leggermente le gambe.
Scivolando con la mano destra tra esse.
Dove tutto era ancora più morbido.
Più caldo.
Dove le delicate carezze le favorivano ancora di più sorrisi e respiri profondi.
Scatenando in lei secrezioni di profumi sensoriali inebrianti.
Mentre anche le sue mani giocavano con elementi nuovi di lui.
In trasformazione.
Dentro in quel morbido, duro del fieno.

Voci di contadini in avvicinamento li fecero scattare veloci verso i vestiti.
E in un momento erano già in sella ai loro rottami rotolanti verso le rispettive case.
Verso un indimenticabile sorriso di vero addio per sempre.

Era il mese dedicato ai desideri questo.
Ne avrei uno impossibile.
Da esprimere.

Tornare solo un momento indietro in quel tempo.

Franz.K

2 commenti:

  1. alcune di queste poesie andrebbero lette...la butto lì...

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  2. La poesia è ben altra cosa credo.
    Nei miei intenti solo il raccontare e il condividere.
    Magari anche percepire.
    Leggerle, sentirle e viverle insieme?
    Direi: perchè no?

    Francesco

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