lunedì 11 gennaio 2010

Impatto Profondo





 [http://www.youtube.com/watch?v=b5yakfjGXxw&feature=related]

Settembre.

11 di Settembre di un lontano 1969……

Uomini sulla Luna, forse, poco tempo prima.

Nel Luglio precedente forse.

Ricordo le lacrime televisive di Ungaretti mentre Armstong,  forse, lasciava l’impronta del suo stivale “on the moon” …

Giuseppe Ungaretti …..

« Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie »
(Giuseppe Ungaretti, Soldati - luglio 1918)

Un caldissimo Settembre.

Un 11 Settembre che sembra una ricorrenza a proposito di impatti.

Profondi.

Profondissimi.

A ognuno il suo.

Quello vero o finto non ha nessuna importanza.

A ognuno semplicemente il suo.

E di conseguenza, vera o falsa, a ognuno la sua guerra.

E il suo destino.

Forse anche il suo petrolio ……

La “Macchina”.
Candida.
“Utilitaria” ma tutt’altro che utile.

120 km/h.

Che poi diviso 3,6 sono 33,3 periodico metri al secondo.
Almeno c'è l'infinito del periodico e non l’infinito dei numeri dietro la virgola del pi greco …..
Almeno l'infinito del periodico ha una sua armonia molto differente dal disarmante disordine della serie senza senso di numeri all’infinito del pi greco …….
Che non riescono a misurare la circonferenza di un cerchio …
Ma riescono a costruire ruote senza sapere come funzionano.
Che uccidono.
E  riescono ad andare sulla Luna.
Tutte ellissi le traiettorie per raggiungerla.
Forse sono andati davvero sulla dea dei poeti.

La “Macchina”.
Bianca.
Candida.

Così talmente utilitaria e poco utile che la può usare anche una parrucchiera.
Senza minimamente sapere del buco nero del pi greco e della circonferenza delle sue ruote.
Senza sapere di Albert e della relatività.
600 kg di una utilitaria insalatona di metalli vari, plastiche, vetro,tele, gomma…..

600 kg.

Più o meno.

C’era un semaforo rosso al fondo della strada della "Macchina" e uno verde all’inizio della vita di tre piccoli uomini.

Uno ero io.

A piedi.

Gli altri due li ho scordati.

Per fortuna.

Bianco candido.
Verde brillante.
Rosso sangue.

Io ho pescato l’ultimo dal mazzo del destino.

Destino poi ….

Dal mazzo del Tempo.

Almeno so con chi ho a che fare.

Tutta e solamente una questione di Tempo.

Di quello con la T maiuscola.

Quello poco conosciuto.

La “Macchina” .
Bianca.
Candida.

E' sfocata in mezzo all’esplosione di un arcobaleno e del bianco dei 3000° centigradi.
All’esplosione del mio cervello.

Così ci siamo conosciuti io e la “Macchina”.

Per quello che potevamo.

Per il contenuto energetico che avevamo in quel momento soprattutto.

Lei per quei 600 kg a 33,3 periodico metri al secondo quadrato di velocità, e io per i miei 35 kg alla velocità di un piccolo uomo quasi fermo, a piedi.

Lei ha perso un po' di energia e decelerando  ne ha trasferita un pochino a me tanto da accelerarmi, attraverso"per miracolo" due platani, dentro la portiera di un bus.

Andata e ritorno.

Quasi dallo stesso punto, e il quasi è ovviamente per un piccolo problema di efficienza.

O di successivo trasferimento di energia.

Perché a mia volta, ne ho trasferita almeno quella che potevo, decelerandomi un pò e lasciando nella portiera, sotto forma della forma delle ossa craniche del mio cervelletto, un bello stampo mentre la lamiera della portiera faceva capire loro, sfracellandole, chi era il più forte.

Il bus si è un poco scosso prima di tornare a riposo.

E’ successo tutto così in fretta, così in poco Tempo che non riesco a dimenticarmene.

L’andata e il ritorno.

Dal mondo del Tempo.

E del bianco iridescente.

Aveva ragione Ungaretti che avrebbe pianto di più se mi avesse visto.
Altro che la Luna e i piedi di Armstong.

Intingendo il dito nel sangue che traboccava dalla mia nuca, dove un giorno fioriva un bel ciuffo di capelli rossi, avrebbe scritto, sull’assatanato, settembrino, nero caldo dell’asfalto:

« Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie »
(Giuseppe Ungaretti, Soldati - luglio 1918)
  
Franz.k

Nessun commento:

Posta un commento