martedì 2 marzo 2010

Vetrine innamorate.




[http://www.youtube.com/watch?v=_-OiQygm2uU&feature=PlayList&p=6E758EE93C9DB841&index=0&playnext=1]

I ricordi erano divenuti sempre più sfocati.
D'altronde come poteva essere differente.
Erano passati più di vent’anni da quel primo bacio alla francese.
Da quell’agitatissima, emozionante, storica  sudata.
Gli amici avevano fatto di tutto per tenergli il posto.
Di fianco a lei, ovviamente, in quell’affollatissimo, fumoso, cinema di periferia.
E lui aveva fatto di tutto per ritardare, in modo da non trovarlo libero per l’ennesima volta.
Quella prova del fuoco sconvolgeva profondamente la sua ancora incolta geometria trigonometrica.
Quando l’ebbe a fianco, l’incubo di dove far passare il braccio da dietro per cingerla, senza rischiare di colpire qualcuno, lei compresa, divenne ancora più inquietante.
E la produzione di feromoni  ebbe un salto quantico.
Per fortuna al fondo di quella sala cinematografica erano quasi tutte coppiette.
Per fortuna per l’olfatto intendo, dati i comuni effluvi.
Quando finalmente con un gesto studiato e calcolato al millimetro si ritrovò con il suo braccio sinistro poggiato sulla spalla sinistra di lei, si accesero le luci.
Fine primo tempo.
Così il primo bacio “vero” venne proiettato insieme al secondo tempo del film.
Con repliche all’infinito, una volta compreso il meccanismo.

E adesso i ricordi erano davvero sfocati.
Mentre camminava verso la periferia, percorrendo la strada che portava verso la casa di lei.
Dove molte volte, vent’anni prima,  la riaccompagnava sul finire del giorno.
Poco prima della casa, il negozio dei suoi genitori di cartolibreria, bigiotteria e oggetti inutili e da giardino.
Dove non molto tempo prima, preso dalla disperazione della solitudine aveva recapitato quella lettera.
Una lettere d’amore in ritardo di vent’anni.
Con tutti i ricordi sfocati.
Anche se con il furore della primigenia passione.
Qualcosa che solo la follia della solitudine avrebbe potuto concepire.
E farla divenire azione.
Oltre che un bacio alla francese indimenticato.
Con tutte le infinite repliche.
Quasi fino a serie patologie del muscolo mandibolare.
Quella lettere scaraventata all’interno delle sbarre di protezione fuori orario di apertura era come la bottiglia del naufrago gettata in un mare in tempesta.
Ed era arrivata l’ora di andare a porgere le dovute scuse.
A giustificare di persona l’infausto gesto.
A chiedere perdono più che di un disturbo, di una maleducazione e di un gesto fuori luogo, oltre che fuori tempo.

In vista del negozio il cuore prese a palpitare in modo disordinato.
Perché una calca di gente, quasi una folla che debordava addirittura dal marciapiede, sostava davanti alla rivendita.
Il pensiero del capo cosparso di cenere nel privato, era fonte d’ansia,  ma l’eventualità di un rito pubblico sarebbe stato insopportabile.
Rallentò un poco il passo, prendendo un po' di fiato.
E cercando di comprendere cosa stesse accadendo.
Forse una vendita promozionale, saldi e sconti ….. che strano però.
Non era certo il tipo di commercio che poteva permettersi iniziative di quel genere, quel piccolo bugigattolo in stile paesano anni 60.
L’avvicinarsi alla folla la scoprì sempre più sorridente, serena, stupita e divertita.
Nulla a che vedere con i tipici sguardi di una folla appunto.
Cosa stava succedendo?
Perché più si avvicinava e più si sentiva osservato, invitato con occhiate d’intesa e sorrisi d’intrigo.
Come se lo stessero aspettando.
Come se fosse lo sposo in ritardo alla funzione delle nozze.
Come era possibile?
Che il destino gli avesse riservato davvero una lezione più dura del previsto?
Ormai non poteva più tornare indietro.
La folla lo ingoiò con pacche sulle spalle gioiose e uno squillante applauso.

Le vetrine erano imbandite a festa.
Come mai, da sempre, qualcuno ne aveva curato così tanto il confezionamento.
Una festa che dall’abbondanza di cose esposte era festa grande.
In un turbinio di colori, articoli speciali di importazione,  marchi griffati e oggetti da giardino presentati in doppiopetto.
Qualcosa di mai visto, di strepitosamente allegro.
E lui era dolcemente spinto verso i cristalli lindi di fresco pulito e trasparenza, dietro ai quali viveva quello spettacolare teatro della presentazione del buon gusto.
Era dolcemente spinto dalle mani morbide della folla sorridente e compiaciuta.
Che se non spingeva accompagnava con l’indice il suo sguardo a soffermarsi su ognuno di quegli oggetti.
Di quei piccoli capolavori d’arte povera.
Solo dopo un poco di tempo comprese.
Era andato in quel luogo a scusarsi per una lettera d’amore scritta vent’anni in ritardo.
E non poteva ora neppure capire la sua felicità.
Lei, l’aveva aspettato tutto quel tempo.
E aveva deciso d restituirgli il coraggio del suo gesto con un altro ancora più coraggioso.
Tutti i suoi pensieri e desideri di quei vent’anni scritti sotto il prezzo degli oggetti di quella speciale vetrina innamorata.
In modo che tutti potessero vederli e leggerli per festeggiare quell’amore recuperato alla vita.
Ed alla verità.

Solo in quel momento in due letti molto lontani, nel buio della notte della città, due persone si svegliavano di soprassalto.
Stavano per abbracciarsi e baciarsi alla francese ancora una volta, in un sogno.
Scappò un sorriso ad entrambi.
Così molto lontani nella città.
Così poco soli in quei letti.

Il giorno successivo però fu indimenticabile per loro due.
Perché per tutto il giorno durò una forte sensazione.
Quella di avere almeno vent’anni in meno.

Almeno ancora per un giorno.

Franz.K

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