giovedì 22 dicembre 2011

Spiegazione introvabile.





Quando penso alle persone, alla loro vita, le vedo come una piccolissima nuvola di formichine.
Ma proprio piccola.
Provate a pensare ad un gigantesco Woodstock, un mega concerto, quello di tutti i tempi.
Dove decidiamo di ritrovarci tutti.
Ma proprio tutti, e ad ognuno un metro quadro di spazio.
Non è poco un metro per metro, per ognuno.
Se ci si mette d’accordo almeno in due, potremmo anche dormire.
Sdraiati e comodi.
Senza rubarci troppo l’ossigeno.
La matrice, la griglia di tutti le persone sarebbe comoda e davvero piccola.
Perché è semplice immaginarla, calcolarla.
La radice quadrata di sette miliardi divisa poi per mille.

Un piccolo quasi invisibile quadratino se proiettato su un mappamondo.
Di circa, per eccesso, ottantacinque chilometri di lato.
Quasi difficile, se il mappamondo è piccolo lasciarne sopra l’impronta con una penna a sfera.
Provateci, è curioso, davvero un bel momento di riflessione.
Provateci anche solo per gioco.
Siamo tutti lì e neanche tanto malmessi.
Un piccolo formicaio nel nostro giardino lo vediamo grande come l’Alaska a volte.
Noi siamo molti, molti meno.
Con un immenso problema rispetto alle formiche.
Le nostre necessità.
Loro nascono vestite, noi no.
Nascono con uno schema prestabilito, noi no.

Devono solo procurasi cibo e costruirsi una piccola, ristretta tana.
Tutte insieme, vicine il più possibile.
E conoscono regole per le quali si muovono, vivono e muoiono.
Le stesse continue regole.
Di generazione in generazione.
Come una stringa compilata in C++ che non cambia mai.
Un loop sempre uguale, ordinato, immutabile.
Le persone no.
Proprio tutto il contrario.
E temo che nella Woodstock cosmica, le contaminazioni manderebbero a monte anche i presupposti antropologici.
Le persone sono poche, pochissime quanto le loro necessità illimitate.
Non è il bello della loro vita?

Non è il vero bello di quella che noi persone chiamiamo vita?

Tutto quel trambusto che dobbiamo fare.
Dal vestirci, al nutrirci, da stare al caldo quando è freddo e viceversa.
Ma poi non basta.
Non basta proprio mai.
E le leggi e le regole della vita delle persone sono stupende proprio perché imprevedibili.
Senza regole.
A volte senza senso, ma solo per alcuni, per altri il contrario.
La teoria del caos non è sufficiente a sapere della vita delle persone.
Non intravedo schemi che possano confinarla.
E non mi riferisco alle leggi Darwiniane dell’evoluzione.
Ma a quelle più strette e intrinseche della nostra natura.
Per le persone, per la loro vita, non credo sia possibile scrivere un algoritmo.
Per fortuna, secondo me.

Sorvolando in aereo parte del mondo possiamo contemplare il formicaio delle non formiche.
Tutto quello che le loro vite hanno fatto, costruito, almeno quella parte che è rimasta.
E sembra di essere in tanti.
Sembra non si potesse fare così tanto in così pochi.
E in quell’immenso formicaio si muovono irrequiete alla ricerca di qualcosa d’altro, le piccole persone.
Mai dome, sempre perennemente insoddisfatte.
Sempre alla ricerca.
Di qualcosa di nuovo, di un “fare” sensato o no, ma di un fare.
È davvero stupenda nella sua incomprensione la vita.
Ancora di più se la penso relativa, finita, non eterna.
Ragionamenti, passioni, sentimenti, conoscenza, emozioni.
Mente, cuore e corpo.
Una trasformazione senza fine.
Con necessità senza fine.

Da chiedersi per cosa a volte.

Della felicità dite?
Della sopravvivenza?
Della normalità?
Del fine ultimo filosofico del “chi sono, da dove vengo e dove vado”?
Algoritmo improponibile.
Forse la vita delle persone è stupenda proprio perché non ha una matematica dietro.
E forse neppure una filosofia indiscutibile.
Un noto psichiatra del secolo scorso si propose una risposta semplice.
Relativa alla vita degli uomini, relativa alla loro felicità quantomeno.
Immaginate un segmento definito da due punti estremi.
In uno di essi ponete le necessità primarie: caldo, freddo, cibo, minima struttura sociale, riproduzione della specie.
Nell’altro, opposto al primo, la necessità della conoscenza della Verità assoluta.
Le persone legate al primo punto difficilmente potrebbero non soddisfare la loro felicità.
Quanto per le seconde il contrario.
Da un punto all’altro, in un mix discontinuo la vita di un po' tutti, quindi un po' felice e un po' no.

Eppure sono convinto che la vita delle persone,
quel meraviglioso evento transitorio che chiamiamo vita è un'altra cosa ancora.
Priva di spiegazione.
Anche psicologica.
Priva di matematica.
Di senso e buonsenso.
Di logica e di epistemologia.
Di codici scritti in assembler.
Di futuri prevedibili e imprevedibili.
Di presenti certi e garantiti, tristi o allegri.
Di troppo ordine e di troppo caos.
Non ha nessuna spiegazione razionale e comprensibile.
Nessun ordine definito e definitivo.
Solo un continuo sorprendersi.
Sentirsi.
Stupirsi.
Per tutto quello che, certo fino a ieri, diviene certo nel suo contrario da domani.
Nessuna spiegazione, nessuna formula.
Per quell’evento singolare, relativo, finito, piccolo, grande e meraviglioso che è la nostra vita.


FranzK.

Nessun commento:

Posta un commento