lunedì 8 febbraio 2010

Economia del '900.




 [http://www.youtube.com/watch?v=UuwSMAo3qf4&feature=SeriesPlayList&p=E04E88A5E2EFB31C]

Ieri ho incontrato un paio di vecchi amici con al seguito uno nuovo.
Tre imprenditori, in particolare.
Tutti con storie abbastanza fortunate, poche differenti tra loro.

Uomini del ‘900, risoluti, forti e impavidi.
Con le idee chiare fino al cristallino e metodologie con  logiche lineari da totale garanzia di successo.

Si sono messi a chiacchierare di argomenti molto complessi.
Della continua evoluzione della tecnologia.
Dei percento guadagnati in quel componente e del rendimento senza pari di quell’altro.
Da subito ero quasi  affascinato dal ritmo del loro discorrere.

Sembrava leggessero uno spartito.
In chiave di sol maggiore più o meno.
Il tempo tra un quattro quarti e, ogni tanto, in crescendo, glissando verso un sei ottavi, prima di tornare al quattro quarti.
Una sorta di suadente, psicotica melodia.
Appena  prima dell’ipnosi totale sono riuscito, nella mia mente, a rendere lucida una considerazione.
Ogni loro “argomento-canzona” aveva comunque due grossi argini melodici.

Il “così si riesce” e il “costa meno”.

Un po' come la musica rinascimentale che più o meno finisce con il solito "pan parapan pan, pan pan".
Mi sono stremato effettivamente.
In un tempo non eccessivo.
E ho dovuto rapidamente riavermi arrampicandomi faticosamente al di sopra dei braccioli della calda poltrona.

Ero stato invitato come ospite speciale all’incontro.
Dovevo  illustrare le mie nuove teorie sul volare senza ali, senza motori e senza staccarsi da terra.
E adesso capivo che quando sarebbe venuto il mio turno sarei stato in difficoltà.
Per i due motivi di prima.

Perché per  la loro formazione musicale si “poteva riuscire” in altri mille modi e il “minor costo” del mio sistema non equivaleva a guadagni superiori.
Non c’era alcun loro interesse riguardo la reale efficienza, come ancor meno riguardo la “moneta” energetica.

Figuriamoci cosa poteva interessare loro della Felicità.

Eppure mentre tentavo goffamente di trovare un modo per fare la mia parte, evitando approfondimenti, io per primo comprendevo la loro totale incomprensione.
L’avevo anticipata nelle mie deduzioni  durante il loro ascolto.
Capivo assolutamente come non potessero assolutamente capirmi.
Non per credibilità, e neppure per gli obiettivi.
Ma per schema funzionale.
Per il troppo fuori dagli schemi funzionali.
Come una lingua mai tradotta.

Il più intraprendente di loro, che a sua volta presentava un mediocre progetto innovativo, ha avanzato forti dubbi, nel caso io dicessi il vero, riguardo la necessaria soluzione dei posti di lavoro.
Un secondo, più “finanziere”, come avremmo potuto, secondo le mie scoperte, incrementare il Pil e i guadagni in borsa.
Mentre il terzo è rimasto pensoso riservandomi particolari inquieti ed inquietanti, sguardi dilatati.

Ho fatto una gran figuraccia.
Altro che pezzo forte della riunione.

Quello silenzioso e spiritato, forse comprendendo il mio disagio ha provato a stimolarmi verso una mia critica logica, delle proposte degli altri.
Credo di aver solo peggiorato la situazione.

Al refrain “così si riesce” ho chiesto: “con quanto?”.
Mentre al “costa meno” ho chiesto “di cosa?”.

Hanno finto di non capire le domande o, forse, non le hanno capite davvero.
Tutti e tre, quasi all’unisono, mi hanno riservato sguardi dilatati, spiritati e roteanti.
Ho evitato accuratamente qualsiasi insistenza.
Rispettando il ritorno alla calma delle loro pupille.

Come avrei mai potuto spingermi oltre?
Ragionevolmente, con quale coraggio e forse anche rispetto?
Mi sarei potuto spingere oltre.

A parlare della Felicità.

Franz.K

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