mercoledì 17 febbraio 2010

Gioco d'attacco.




 [http://www.youtube.com/watch?v=jbdPUiih020&feature=related]

Il “risultato”, quello che alla fine conta,  è inteso molte  volte, come successo, prestazione, affermazione.
Mi pare esista una stretta correlazione, nella storia degli umani, che unisce, in modo quasi imprescindibile, il “risultato, al “sacrificio”.

Personalmente devo ancora comprendere se il meglio di un uomo dipende da un atto di  “volontà” o da un altro, di “sofferenza”.
Sono nature che riesco chiaramente a qualificare come opposte nella mia mente.
Per poi fare un sacco di fatica a discernerle e separarle negli schemi del comune vivere, il mio per primo.
Forse è solo un mio dilemma , ma voglio provare ad approfondire.

Io personalmente affido il significato di un atto di “volontà” ad uno di origine essenzialmente intellettuale.
Cioè che sapendo usare molto bene l’intelletto, ci permette di raggiungere il massimo senza soffrire appunto.
Né di corpo né di mente.
Mentre quando, per taluni , non c’è che il soffrire, rimango inquieto sia dal risultato da raggiungere che dal suo scopo.
Come se solo in mancanza di altra dotazione si potesse usare solo quella.
Perché ho il convincimento che gli umani siano attratti univocamente dai benefici di nuove conquiste proprio per evitare la sofferenza ed i suoi stati.
Ed il meglio di essi  si può raggiungerlo solamente cominciando ad evitarli.

Magari sbaglio.
Magari ilo meglio è sempre  il limite, e il limite non può che essere sofferenza.
Oppure il meglio, a prescindere dal limite, richiede comunque sofferenza.
O forse non sbaglio e allora è vero che sono pochi ad aver goduto a dispetto di molti che hanno sofferto.
Anche per fatti solo speculativi e non di comune vataggio.

Sono molto combattuto anche da un altro interrogativo.
Che riguarda oltremodo i recenti sviluppi storici.
Se, almeno da qui in poi, conterà più il “come” del “cosa”.
Dato che il “cosa” lo possiamo raggiungere ormai in ogni modo e il fatto non risolve i problemi di aspettative e felicità.

Il “come” mi appare davvero come un nuovo sconfinato orizzonte.
Forse già in atto, forse naturalmente conseguente a quel “cosa” che ormai esaurita la sua funzione, muore.
Tutto troppo facile oggi quello che fino a ieri sembrava impossibile.
Tutto così facile da richiedere pochissime risorse dove ieri ne impegnava necessariamente di insostenibili.
Tutto più intelligente, in una parola.
E se adesso ci mettiamo a pensare al “come” cioè al meglio del “cosa” credo abbiamo davanti un infinito.
Non riesco a vedere crisi.

Poi dovremmo aggiungere anche nuovi “perché” , ma forse verranno spontanei nella virtù del nuovo percorso.
Spero i “perché sì” di nuovi necessari "come", e i “perché basta” di quelle "cose" che da oggi in poi non servono davvero più a nulla.
Nell’augurio di non trasformare il nuovo “gioco” ancora una volta in uno sport, cioè in una guerra senza sangue.

In una parola semplice:

senza soffrire.

Franz.K

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