martedì 21 giugno 2011

Golgota.



Forse la cosa che risulta più semplice agli uomini è giudicare. La più difficile, comprendere. Per se stessi prima ancora che per tutti. A prima vista le due condizioni sembrano essere sequenziali. In un ordine ben preciso. In effetti è quasi sempre il contrario, per concetto e ordine, per entrambi. Giudicare sembra far sentire bene le persone, sembra elevarle, ben oltre le loro misere e reali capacità, il più delle volte. Forse il trucco è proprio lì, nella comune miseria, che probabilmente in un fatto differente dalla propria “normale” esistenza, si sente a posto, in regola, almeno in quell’evento tanto poco comune, tanto da sentirsi in diritto ad ergersi a privilegiato e “giusto” giudice. Ci sentiamo migliori degli interpreti della malefatta, dello scandalo. Così credo che il giudizio, o forse anche solo il ruolo del giudice, in tal caso per ovvia ed indiscussa qualità, ci faccia sentire migliori. Proprio il ruolo ancor prima che l’editto. In poche parole: in quel caso io avrei agito diversamente, per acquisita, indiscutibile ovvietà. Prima di qualsiasi editto, prima di qualsivoglia facile condanna o assoluzione. Facile, quanto è facile la sua esplicazione. In mezzo ai  nostri visi, in centro e verso il basso, Darwin (almeno molti dicono e credono) ci ha dotato di una piccola, mobile fessura: la bocca. Al suo interno un sacco di organi vibranti, incredibili opere d’arte ingegneristica. Basta attivarne i muscoli per emettere suoni, muscoli che in realtà sono dominati dal sistema periferico, quindi troppo “veloci” per essere dominati dalla materia grigia. Abitudini acquisite più o meno nel primo triennio della nostra esistenza. Abitudini quasi incondizionate, imparate con difficoltà il più delle volte, come il camminare e il deglutire. Muscoli divenuti facili e “spontanei” come certe varietà d’arbusti selvaggi …..
Facile, troppo facile, troppo poco faticoso a scapito del sentirsi meglio, non credete? È solo una considerazione non un’accusa. Un pensiero per meditazioni yoghi, forse solo trito e ritrito. Conoscere, comprendere è differente e decisamente più complesso. Non dipende da muscoli biomeccanici, ma da sofisticati ed intriganti processi elettrobiochimici, roba per pochi, e per pochi di nicchia. Un finanziere intelligente dovrebbe fare almeno qualche ragionamento ed investirci qualche soldo. Sul pensare si intende. Che pare sottenda, come condizione indispensabile al capire, al comprendere. Peccato che non fa stare meglio, non ci fa sentire migliori, il più delle volte. Peccato che nel primo triennio di vita non divenga periferico tale “gesto”, non trovi mielina sul quale possa essere inciso e conservato.  Così mi ritrovo in un mondo pieno zeppo a dismisura di titoli, di lauree, di eccelsi ruoli, ma sempre e costantemente pronto al facile giudizio quanto assolutamente impredisbonibile ( concedetemi la libertà poetica ….), almeno sembra, al PENSIERO ed alla comprensione. In tal modo credo che lo schema poetico di ciò che precede e giustifica il procedere del mio scrivere, non possa essere rispettato. Meglio scrivere “di seguito” in tal caso. O forse semplicemente meglio “di seguito” da qui in poi. Si legge con più fatica, quindi si legge meno, è meno “trendy”, non sussurra nemmeno l’ipotesi di una rima quanto spero di più quello di un PENSIERO, quindi ancor più di nicchia spero.
Ma il giudizio, il facile giudicare quanto il più delle volte l’impredisbonibile comprendere, sono anch’esse, forse, darwiniane forme di sopravvivenza. Il primo produce il “senso di colpa”, che da indagini storiche risulta infine un semplice “ammortizzatore sociale” quanto la cassa integrazione. Il secondo pare solo forti emicranie, che poi, per essere se non guarite, almeno curate, hanno necessità almeno del “doping”.
In tal modo non solo abbiamo crocefisso almeno un uomo particolarmente intelligente, ma addirittura i suoi veri ideali, i suoi lasciti, le sue eredità. Abbiamo carcerato innocenti, malfamato brave persone, insinuando il dubbio, troppe volte infondato.
Ma il senso di colpa è darwiniano, è moderatore di tutti i “peccati”, di tutti le difformità, di tuttto il pericoloso pensare. Ho avuto, in giovane età, un datore di lavoro, un vero “padrun” che evangelizzava gli affezionati e propostivi lavoranti con questa frase: “non pensate niente, ho già pensato a tutto io”. Un vero Dio mai salito in croce, e forse è proprio vero che sulla croce finiscono solo i veri uomini.
La verità è figlia del pensiero quanto il prodotto interno lordo del senso di colpa.

Teniamo duro, il Signore paga di Sabato.

FranzK.


domenica 5 giugno 2011

Pensieri Catalitici.



Caro amico, mi ha fatto piacere sentirti oggi.
Eri un po' più allegro del solito.
Covavi una speranza probabilmente.
E io non volevo disturbarla e forse ci sono al solito riuscito.

Non è un gran momento per me .
Lo sanno un po' tutti.
E non vorrei aver incrinato il tuo buonumore.
Con le mie serafiche certezze.

Io non lo so.
Non lo so più davvero.
Non riesco a vedere il bello da un po'.
Nonostante ne sia potenzialmente  accerchiato.

Magari è davvero tutto bello e giusto.
Quello che mi hai proposto di approfondire.
Sono io che non sono nell’animo giusto, sereno.
Magari funziona, la fusione fredda.

Sono un poco stanco.
non prevenuto, te lo garantisco.
Non mi è mai stata permessa la prevenzione.(tu lo sai)
Neppure per i miei mali.

E’ che sono confuso e ho le pile scariche.
Temo che senza energia non abbia la giusta lucidità per parlare di Energia.
Ho provato a farlo per una vita intera.
Adesso ho le pile scariche e neppure un catalizzatore segreto per ricaricarle.

Volevo solo dirti un paio di cose.
Due piccolissime stille di lucidità in mezzo alla confusione.
Ho letto di invenzioni.
Con già scritte le proiezioni dei costi di gestione.

Denaro.
Al solito.
Non direzioni.
Semplice denaro.

Ho provato per un po' a parlare con i numeri.
Cercando di renderli semplici.
Ho fallito anche lì.
Troppo difficili ancora, incomprensibili peggio delle parole.

Ma ho letto solo di invenzioni.
Le scoperte eventuali sono così fumose da essere ancora tutte da scoprire.
E continuo, nel mio pessimo stato d’animo, ad avere cattive sensazioni.
Niente di bello insomma.

Il bello è semplice, amico mio.
Sa di fresco, non di segreto.
Nel poco carburante che mi resta il “concept” rimane una certezza.
Uno spirito guida.

Pensa  al petrolio almeno tu che sai pensare.
Pensa alla sua tecnologia:
un buco per terra e una piccola scintilla.
Cosa può esserci di più semplice e bello?

Lo ha capito anche un contadino difatti.

Ha capito una cosa altrettanto semplice:
scoprire non è inventare.
E’ il suo opposto:
scoprire è accorgersi di qualcosa che c’è da sempre e di cui non ci eravamo mai accorti.

Tremendo vero?

Ma tu eri un po' più sollevato.
Che l’invenzione potesse non cambiare nulla.
Potesse riproporre gli stessi schemi di sempre.
E sono in riserva energetica così sparata che non posso che sperare con te per gli stessi motivi.

Nessuno vuole cambiare.
Né immaginare un vero cambiamento.
Visto come qualcosa che funzioni meglio, non come ci eravamo abituati, al peggio o al meno peggio.
Perché ci accontentiamo del meno peggio, noi che diciamo di possedere le più elevate capacità computazionali?

Verso sera è scesa l’ultima goccia nel vecchio carburatore.
Sai che io non vado a verde, sono rimasto alla super “naturale”, quella che funzionava davvero, niente catalitica.
Così ho letto di movimenti pro nucleare, antinucleare.
E’ stato necessario ritornare con il carro attrezzi, a traino, perché la goccia di benzina è finita prima proprio come l’uranio che non c’è più.

Nessuno vuole cambiare.
Non vuole cambiare lo schema che tanto lo rassicura quanto lo incatena.
Guarda, amico mio, neppure io.
Mi va bene così.

Sapessi quanto petrolio ho fatto fuori nell’ultimo anno per rincorrere le mie speranze.
Quanto ho abusato del telefono.
E le mie speranze valevano tutto quello e forse anche di più.
Quindi dissento ma comprendo e rifarei tutto quello che ho fatto, lo giuro.

Siamo tutti uguali.

“Se è vero li fanno fuori” mi hai detto.
Ma no, se mai fosse vero ( e non lo è) li comprano.
Ma poi chi li farebbe fuori?
I petrolieri?

Ma dai, un buco per terra e una piccola scintilla, al momento nessuna concorrenza credimi.

Ma oggi ho letto tutti i pro e contro di tutte le energie alternative.
Non un accenno, non uno, a quale scopo.
Sono sfatto nel ripeterlo.
Ma neppure un piccolo accenno.

Neppure un pensiero felice.

Ed è di questo che vorrei leggere.
Di pensieri felici.
Che danno non che prendono.
Di proposizioni vere, non di business.

Se ti molla un amore vero trovi mille infelici a farti lezioni di vita.
Tanto quanto trovi mille imbroglioni assatanati di denaro se parli di Energia.
Se ti va male trovi spiritualisti per tutti e due.
Ma né i primi hanno mai avuto un amore vero né i secondi una vera necessità, per non dire dei terzi.

La prossima volta che ci incontriamo parlami di felicità.
Spiegamela.
Proponimela.
Non parlarmi di petrolio ricavato dall’immondizia, quando bisognerebbe evitare di produrla, non trovare il modo di ritrasformarla in ciò che l’ha generata.


Mi si chiudono gli occhi.

FranzK

giovedì 2 giugno 2011

Ottantasei



Caro papà.
Mi spiace, ma tu non puoi capire.
Non puoi assolutamente capire.
Cosa significa essere nati nell’ottantasei.
E non nel cinquantotto.

(Ho guardato i tuoi occhi cielo terso.
E prestato molta attenzione alle tue parole.
Che fluivano determinate e consapevoli.
Non si poteva non stare ad ascoltarti.)

Non puoi capire cosa significa adesso avere davanti la vita.
Un lungo tunnel buio.
Noi dell’ottantasei la vediamo così.
E tu che mi hai permesso scuole di primordine non puoi capire.

Non è colpa tua.
È che tu sei del cinquantotto e per voi era diverso.
Quasi tutto possibile.
Quasi tutto infinito.

Io dopo le scuole di primordine non vedo un granchè.
Davanti dico.
Magari comincerò a fare la commessa.
Intanto prendo contatti.

Noi dell’ottantasei lo vediamo così.
Vediamo appena più scuro di voi del cinquantotto.
Speriamo anche noi che vada tutto bene, certo che ci speriamo.
Ma non abbiamo tutte quelle certezze, quelle vostre illusioni.

Mi piace scrivere e sono brava, lo sai.
Dopo le scuole di primordine che hai condiviso con me, ancora di più.
Ma per adesso andrebbe bene anche un call-center.
Intanto prendo contatti.

(Mi affascina ascoltarti.
Vorrei essere bravo e misurato come te nel parlare.
Forbito anche un pelo meno.
E hai degli occhi puliti e tersi.)

Va bene papà.
Sono stata contenta di vederti.
Noi dell’ottantasei la vediamo così, appena un po' più scura di voi del cinquantotto.
Ciao, stai bene.

(Noi del cinquantotto ci sentiamo in colpa.
Perché abbiamo creduto all’impossibile.
Creando deserti per voi dell’ottantasei.
E dobbiamo far di tutto per rimediare).

(Un giorno mi hai fatto il più bel complimento mai ricevuto:
“Cos’è tuo padre nel minor numero di parole possibile?”
Un uomo onesto.
Di più, un padre non può chiedere).

(Io del cinquantotto ti faccio una promessa.
Che fino alla fine del mio tempo, nelle mie piccole possibilità, ce la metterò tutta.
Per rimediare ai nostri errori.
E piantare licheni viventi nel deserto).

(So che è poco.
Ma ci proverò fino in fondo.
Per te e per tutti quelli che dopo noi, la vedono solo un po' più scura.
È poco ma è una promessa).

(Ti  ho ascoltata.
Attentamente.
E voi dell’ottantasei, tu, avete occhi chiari, puliti e tersi.
Avete il futuro in corpo).

(Sto meglio stasera.
Dopo averti vista.
Noi del cinquantotto, almeno quelli che ci credono, vi promettiamo tutto il nostro impegno.
Ma non sono certo che riusciremo a “vedere” differente dal nostro marcio mondo).

(Ma sto meglio dopo che ti ho vista.
Dopo che ti ho attentamente ascoltata.
È tempo che impariamo da voi.
Dai vostri occhi chiari, puliti e tersi).

La soluzione è dentro loro.
che sapendo vedere cose differenti.
Daranno anche a noi il piccolo futuro che ci resta.
E al mondo la speranza.

È dentro ai tuoi.
Stupendi azzurri occhi, color del cielo.

Chiari, puliti, tersi.
Come il futuro di cui abbiamo bisogno tutti.

Papà.
(FranzK).