lunedì 17 dicembre 2012

La Mia Terra.
























https://www.youtube.com/watch?v=x8FTP1IgqBA



Non ha un nome la parte che accende la nostra vera energia, che ne sprigiona tutte le particelle.
Non ha un viso, una provenienza, una residenza, una nazionalità, una cultura, se non dentro noi.
L’indirizzo è dentro a noi, a quello che non sapremo mai di noi, non come naufraghi, ma semplici timonieri.
Che cercano nel mare infinito di tutti le variabili di un algoritmo senza conoscenza, la propria terra.
Quante interpolazioni servono per condurci a lei, quante manovre, quanti venti e rotte da seguire.
E forse non sapremo mai se ne esiste una sola o molte possibili, forse solo una nel meglio, molte possibili se dentro a noi non troviamo prima quel “meglio di noi”.
Il meglio di noi, il meglio di un timoniere senza timori, con il viso segnato dalle tempeste, che senza sosta e con motivata determinazione, non stacca mai le mani né il cuore da quel timone, non si accontenta della prima isola che scorge all'orizzonte.
Desidera la sua terra.
Perché, timonieri o naufraghi, non siamo nati per la solitudine, anche se possiamo abituarci, comprometterci in lei.
Come possiamo comprometterci nella stanchezza di cercare dentro noi, in quel mare in continua tempesta che è il nostro passaggio da qui, possiamo cedere all'illusorio riposo della prima isola, del primo attracco.
Anche se non lo riconosciamo come nostro ma solo come un comodo e riposante giaciglio, anche se lo sguardo continuerà a indagare orizzonti, e il pensiero altre mete, senza più il coraggio di ripartire, di rischiare altri venti, altre tempeste, altre sacche di ristagno d’ossigeno.
Lo chiamiamo amore, e non ne conosciamo la natura.
Scriviamo poesie, musica, trattati filologici, indaghiamo interazioni chimiche, dipingiamo colori, vorremmo capire, senza mai prima provare a capire noi, quello che sentiamo per noi come il meglio.
Senza la cognizione del meglio per noi ancora prima di un meglio solo indicizzato dalla stereotipo, dalla consuetudine  o dalle semplici apparenze.
Abitudini antropologiche, il mare ha una sua fine, meglio una terra non tua, ma sicura, che il dirupo del nulla, là dove , senza dubbio alcuno,le acque terminano il loro scorrere, ribollire, là dove i venti si perdono nel silenzio senza più sibili del vuoto per sempre.
È difficile cambiare, cambiarsi, è tremendamente destrutturante, perché è con il peggio che forse è necessario confrontarsi prima di sapere della nostra giusta terra.
E il peggio per noi siamo noi.
È con noi, con noi stessi, soli davanti allo specchio delle nostre introspezioni, che non governate da una ontologia certa né ben delineata dall'esperienza  sensoriale epistemologica, viviamo il perenne tormento della convergenza di tutte le nostre nature.
E non è il “da dove vengo, cosa faccio, dove vado”, ma forse solo : “chi sono, cosa voglio”?
Come se la “necessità” del volere, non fosse interdipendente dall'“obbligo” del sapere chi siamo prima di tutto.
La “non solitudine” basta a un naufrago, come un surrogato dei sentimenti è sufficiente a sopravvivere.
A un timoniere non può bastare, lui cerca la sua terra, il luogo metafisico dove può esistere la felicità, che quanto l’amore è solo una parola se non ne percepisci l’essenza, al di là di qualsiasi esperienza unicamente sensoriale.
La felicità, quanto un amore vero, è un evento “metafisico” raro quanto rari sono i veri timonieri delle imbarcazioni che chiamiamo vite.
Timonieri coraggiosi, non impavidi, determinati, non folli.
E forse solo quando trovi “te”, la tua vera terra può incontrarti, quanto vane risultano le ricerche “fisiche” o “logiche” nel poterne trovare una.
La mia terra ha un volto, un identità, un indirizzo, un nome e un cognome, ma è solo il contenitore dell’essenza del mio meglio, che non è più solo, ma finalmente illuminato, acceso, e può esprimere tutta la sua energia, tutti i giorni, in tutte le azioni, i pensieri, le opere di un mare finalmente calmo.
Quel “mare” che incontrando la sua terra, il meglio di se, può finalmente essere navigato senza naufragi, ma solo con infiniti, non più soli, veri sentimenti, senza più sguardi verso altri orizzonti, pensieri verso altre mete, senza più un “cuore” privato dalla percezione della “felicità”.
Ho navigato il mio mare come un timoniere.
Questa è la mia terra.


FranzK.    

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