https://www.youtube.com/watch?v=CmK-uaYFBJc
Quante volte lo stavo a sentire incantato, durante la mia
adolescenza e non solo, il mio vecchio padre.
In quel poco, pochissimo tempo che il duro lavoro gli
concedeva come pausa “famigliare”, prima di un necessario e precoce riposo.
Quel riposo che contava i minuti poco prima o poco dopo, al
massimo le 21e 30, imposto dai tempi di una sveglia molto più precoce, ben
prima che sorgesse l’alba, verso le 4e30.
Senza mai sosta e senza mai un premio, che si discostasse di
poco dalla sopravvivenza offerta a noi, e alla sua famiglia. Senza mai sosta
per 52 lunghi anni……
L’unico premio in palio era qualche opportunità in più per
noi, null’altro, o forse anche altro …..l’onestà….., la dignità….e sempre un
sorriso, mai un peso né per noi né per nessuno…….. se ne è andato senza debiti
né crediti al netto di un funerale, ma ha lasciato un segno , una traccia
indelebile e non solo in noi ma in tutte le persone che hanno avuto la fortuna
di conoscerlo, di incontrarlo..
Che fatica, che gioia e che “struggle” direbbero gli
anglosassoni, parlare di lui, ricordarlo….
Sono stato un figlio molto fortunato, non capita così
spesso.
Povero e fortunato, qualcosa di difficile da comprendere ad
oggi e forse non solo ad oggi.
E chissà quanti come lui, tra nonni e trisavoli, hanno
costruito e costruito senza mai un lamento senza mai un rammarico o una rabbia.
Tutto o molto di quanto ci circonda è figlio delle loro
davvero “Sante” fatiche, entusiasmi, valori.
Credo ce lo siamo dimenticato un po’ troppo, abbiamo troppo
poco rispetto per le “formichine operaie” che hanno costruito il nostro
presente. Tutte insieme, chi con le mani chi con la mente: altro non avevamo se
non sassi dei fiumi e rocce delle montagne, un po’ di legno, qualche rigogliosa
palude, qualche bestia più affamata di loro e davvero poco, pochissimo d’altro.
Ma ho perso la via e cerco di ritrovarla.
Lo ascoltavo moltissimo quando mi raccontava della “guerra”,
già la guerra alla quale era stato controvoglia destinato: dalla sua “palude
padana” che si ostinava a lavorare per sfruttarne la rigogliosità ad un'altra
palude, lontana, molto lontana e molto più “malsana” della sua: l’Albania.
Prima linea, punto.
Lui che non aveva neppure visto il mare, attraversò, prima
di conoscerlo, l’intera penisola in treno e non si era mai spostato più di
quanto una malandata bicicletta potesse concedergli.
Credo fosse all'incirca il 1943 forse 44, mio padre aveva 30
anni e senza di lui quella piccola azienda (famiglia) agricola avrebbe avuto
davvero grandi difficoltà.
Ma era necessario, per la “madre patria” andare a
conquistare altri popoli, chissà mai perché, ma era necessario.
Dagli innesti di rose come passatempo festivo si ritrovò a montare
e regolare le ottiche di cannoni come impiego “full time”.
Lui che faceva fatica a sacrificare un coniglio per il
pranzo della Domenica.
Comprese presto, nella sua innocente intelligenza, che la
patria non è mai madre ma “matrigna” ed ebbe modo di scriverlo ad un cugino
invidioso della sua posizione avanguardista da “prima linea”. E lo scrisse con
un “patriottismo” profondamente radicato.
Ne avrei molte da tramandare, troppe forse, ma una di queste
“storie” non la dimenticherò mai, forse supererà anche la decadenza della
memoria nel tempo della mia senilità.
Beh, lo sapete.
In Albania non si combattevano gli Albanesi ma gli Inglesi,
lo scontro era tra l’esercito Italiano e quello Inglese.
Era uno dei tanti “fronti” e non credo ci fosse qualcuno
dalle parte “giusta” della Storia, “noi” sicuramente no, almeno.
( E’ mio convincimento che sia necessario stare dalla parte
“Giusta della Storia” , in ogni caso o quantomeno se vuoi “vincere” in modo che
la “Storia” mai abbia a contestarlo).
Loro, gli Inglesi non lo so uguale, lo dirà la Storia più in
là, al momento pare fossero quantomeno in una posizione meno sbagliata della
nostra, tanto è, che poi ebbero la meglio.
Non importa il “come”, come ben insegna il Macchiavelli.
Non importa che le popolazioni locali, del tutto estranee a
quegli avvenimenti e dedite assai più dei “nostri” alla sopravvivenza frutto in
gran parte dell’attività di poveri pastori o poco più, fossero ubriacate e
mandate contro le nostre linee schierate con le mitragliatrici ad altezza
“fianchi”, Machiavelli avrebbe senz'altro approvato.
E fino a qui si sa: la guerra è guerra, non l’ha concepita
De Coubertin di sicuro.
E’ di un altro “mezzo” che non posso dimenticare il
racconto:
Il servizio di “intellingence” dell’esercito Italiano, aveva
scoperto che il nucleo più importante dell’esercito Inglese sarebbe passato
lungo uno stretto valico ai lati del quale sorgevano due colli, due tratti
altimetricamente elevati rispetto al passaggio stesso, alla gola.
Il risultato era ancora in parità, la partita era aperta e
quella “scoperta” si prefigurava come una “manita” calcistica.
L’esercito Italiano appostato sulle due prominenze avrebbe
“insaccato” quello Inglese dall’alto con una facilità disarmante, in tutti i
sensi. E avrebbe “vinto”.
Tremila di qua e tremila di là, uomini, fucili, cannoni e
mitragliatrici su quel colle. Non sono Inglese (forse neanche Italiano) ma mi
vengono i brividi.
Non sarei qui a scriverlo, a raccontarlo, se a mio padre,
chissà per quale strano caso, furono impartiti altri ordini con incarichi
differenti. Uno dei pochi, pochissimi che la notte non si assopirono su quel
doppio colle in attesa dell’alba e dei primi rumori di preludio dell’arrivo
dell’esercito “nemico”.
Lui dormì in un altro posto quella notte, e io sono qui.
Dormì poco, pochissimo ma non era là insieme agli altri su
quel doppio colle quella notte.
Dormì pochissimo perché molto prima dell’alba fu risvegliato
dal crepitare del piombo.
Non durò neppur un granchè tutto quel frastuono.
Il superiore gli impartì un nuovo ordine, a lui e ai pochi
rimasti.
E non posso dimenticare gli occhi lucidi di mio padre nel
raccontare, non posso dimenticare quegli occhi grigio chiari che ancora, dopo
molti anni e molte ripetizioni di quel racconto, si inumidivamo. Ancora e
ancora.
Giunsero al doppio colle alle primi luci della loro alba più
triste credo, un alba che tentava di farsi largo in una nebbia di polvere da
sparo: dalla sua parte il prato verde era rosso di sangue e contava 3000
“compatrioti” trafitti alle spalle, uno ad uno, con ancora in giro qualche
poverissimo “sciacallo” Albanese che cercava sui loro corpi qualche croce o
qualche anello d’oro.
Gli altri 3000 erano dall'altra parte, sull'altro versante
del colle, morti uguale.
E’ questo “come” che non si capisce, non lo comprendono,
nessuno può immaginare cosa possa essere successo, doveva essere un successo
scontato, era finito in una carneficina di pallottole nella schiena.
Qualcuno potrebbe pensare che l’esercito Inglese avesse un
“intelligence” tanto più brava da aver prevenuto l’imprevedibile.
E invece no.
La verità era da un'altra parte.
Purtroppo....
Il Generale comandante in capo delle forze militari Italiane
in Albania aveva venduto per denaro l’informazione.
Aveva Tradito.
Almeno il popolo del suo esercito.
Al minimo quei 6000 uomini colpiti alle spalle.
Mio padre lo incontrò e gli parlò, sulla nave che, non si sa
come, riuscì a riportare quei pochi in Italia, nel loro paese.
Il Generale parlava e parlava mentre attraversavano il mare.
Ma mai alzò lo sguardo per incontrare quello di mio padre.
E il Generale tornò e, se già non era ricco di suo, di certo
morì ricco e lasciò ricchezze.
Ma chissà se mai riuscì nella sua vita a guardare ancora
qualcuno negli occhi.
Chissà cosa ha lasciato alle sue generazioni.
Mio padre ne era al corrente.
Che mentre lui andava a dormire al massimo alle 21e 30 per potersi
svegliare alle 4 e 30 per la nostra sopravvivenza e le nostre auspicate
opportunità, in qualche luogo indefinito del suo “paese” c’era un vecchio
Generale che proliferava nelle ricchezze acquisite quella notte.
Lo sapeva.
E non ha mai perso il sorriso con noi, mai l’ha perduto con
la sua vita.
Ed è morto anche lui, dopo molto tempo ma credo un po’ anche
quella notte.
E’ morto povero, da “formichina operaia”.
Ma onesto.
Senza tradimenti.
E ha lasciato valori, rispetto, dignità oltre al frutto del suo immenso lavoro.
E non solo a noi.
Sono valori che vivono ancora nell’aria di adesso.
Valori per tutti.
Chissà che non faccia una differenza.
La sola che qualunque forma di denaro o potere non potrà mai
misurare.
Ma soprattutto comprare.
FranzK.